Molte persone hanno apprezzato la mia omelia per la festa di
S. Andrea, patrono di Empoli, e così mi sono permesso di riportare la traccia
scritta sulla quale si è basato il mio discorso, perdendo certamente il suo
carattere familiare e spontaneo.
TEMA:
L’ECONOMIA CIVILE E LA PERSONA.
Il Vangelo
che abbiamo ascoltato ci presenta la chiamata di Andrea e di altri tre apostoli
mentre stanno lavorando. Per questo in più occasioni abbiamo affrontato alcune
problematiche del lavoro. Quest’anno vogliamo allargare l’orizzonte e
affrontare nel concreto il tema tanto dibattuto dell’economia, nella quale il
lavoro svolge un ruolo determinante.
La Chiesa a
suo tempo ha parlato di economia nella Dottrina sociale della Chiesa, e in
particolare nella Costituzione “Gaudium et Spes” del Concilio Vaticano II le
dedica un intero capitolo. Vi affronta quei problemi aperti ancora oggi, quali
lavoro, partecipazione nell’impresa e nell’indirizzo economico generale, la
destinazione dei beni della terra, gli investimenti e la moneta, la proprietà
privata. Tutto questo insegnamento della Chiesa, dettato dal desiderio di
costruire un mondo nuovo orientato al Regno di Dio, trova oggi una possibilità
di essere realizzato in concreto proprio in Italia e in particolare a Empoli.
Sta muovendo i primi passi significativi il Distretto dell’economia civile a
Empoli, come in altre città d’Italia.
Che cos’è
l’economia civile? E’ quell’economia che mette al primo posto il bene comune
pur continuando a tenere in considerazione il bene del singolo, mentre
l’economia dominante mette al primo posto il bene del singolo, pensando che poi
ne venga anche un bene per gli altri. Sappiamo però che tante volte la ricerca
del proprio benessere va a scapito del benessere degli altri. Basta considerare
le forti disuguaglianze, le crisi economiche che continuano a ripetersi,
l’instabilità del posto di lavoro, ecc. Cerchiamo allora di individuare le
caratteristiche dell’economia civile in relazione all’insegnamento della Chiesa
e ai valori fondanti della nostra società civile.
Si parte
dall’importanza della “persona” in campo sociale, cioè uomini che
vivono in relazione tra loro, secondo la logica della fraternità e della
gratuità. I problemi dell’economia non si possono più risolvere migliorando il
sistema con metodi matematici-scientifici, ma occorre aprire l’economia alla
categoria del dono, non limitandosi soltanto al contratto di scambio di merci,
ma alle relazioni interpersonali.
I nostri
pescatori stavano riassettando le reti, gestendo due aziende tra loro separate.
La chiamata di Gesù a diventare fratelli tra loro, li pone non più in
concorrenza ma in amicizia e fiducia, due sentimenti che complicano (lo
pensiamo anche noi) il mercato e che vanno esclusi da ogni contrattazione per
renderla più chiara.
Invece sono elementi importanti che regolano correttamente il mercato e portano
a stabilire una regola fondamentale: la “mutua assistenza”.
Si tratta di
andare oltre al mutuo vantaggio (vedi per esempio il matrimonio considerato
“contratto”), per arrivare a relazioni amichevoli per prendersi cura
dell’altro, sia nel lavoro che nei vari ambiti della vita sociale. L’economia
non può essere staccata dalla morale, cioè dal modo di vivere delle persone, e
pertanto non deve limitarsi a risolvere i problemi, ma a interrogarsi su ciò
che è benessere di tutti e come poterlo conseguire. In questo ci è di aiuto il
cosiddetto “Terzo Settore”, che cerca di affrontare i problemi sociali mirando
non soltanto al benessere economico, ma alla mutua assistenza in uno stile di
gratuità.
Ne deriva
l’altro pilastro dell’economia civile: la “fraternità”. Nella
Comunità cristiana questo dovrebbe essere logico e invece stenta a decollare
limitandosi agli aiuti ai bisognosi, mentre dovrebbe improntare tutti i
rapporti ecclesiali e civili. La modernità è partita proprio da qui
(fraternità, uguaglianza e libertà), ma ben presto gli ultimi due hanno
prevalso in un clima di individualismo e di legge di mercato. L’uomo è sempre
più solo e desideroso di denaro per avere un po’ di felicità. Non basta
inserire un po’ di gratuità (sconti, omaggi, ecc.), ma mettere la gratuità e la
fraternità come stile di condivisione dei beni con tutti.
Per chiarire
meglio come questo nuovo tipo di economia sia presente tra noi, citerò alcuni
esempi di “economia circolare”: il recupero di quanto resta nelle cucine e
nelle mense per portarlo alle famiglie bisognose, anziché buttarlo; le scelte
onerose fatte da alcune aziende per rispettare l’ambiente e che produrranno
buoni frutti col tempo; il riutilizzo di
rifiuti per farne altri beni utilizzabili e a minor costo.
Ci sono
anche esempi di “economia di comunione”: si investe una parte dei proventi
delle aziende e delle risorse pubbliche per la formazione al lavoro di chi lo
ha perso o non lo trova, con la collaborazione di Associazioni che lavorano a
tale scopo in Rete, formando una cultura del dono; un’altra parte per
l’assistenza dei poveri in vista di una loro vita più dignitosa e autonoma,
qual è la forma dell’ Emporio solidale, dove non solo si acquistano beni come
in un negozio, ma si tengono colloqui per affrontare le problematiche ad ampio
raggio delle persone; un’altra parte per lo sviluppo della stessa impresa se si
vuole che resti competitiva e offra lavoro.
Questa
economia però non funziona se sul lavoro non si esce dalla logica: ”questo non
è compito mio”; e se vengono meno i rapporti di “fiducia” che stanno alla base
del bene comune; inoltre occorre tener conto delle capacità degli altri, e
favorire la creatività.
In questo
senso l’Apostolo Andrea (insieme agli altri) inaugurò un nuovo tipo di
economia: lo scambio basato sul dono, Dio ci dona la sua natura divina e prende
la nostra natura umana. Un bel guadagno per noi! Ci rendiamo conto di essere
fratelli, figli di Dio, e diventa naturale la mutua assistenza, anche se messa
in continuo pericolo dalla ricerca del primato e del potere umano, come ci
mostrano le rivalità tra gli stessi apostoli. La libertà nell’annunciare la
lieta notizia della risurrezione del Signore Gesù, porta alla libertà dal
peccato, che è libertà negli affetti e nella condivisione dei beni, rendendoci
capaci di andare contro corrente nella gestione delle risorse economiche a
vantaggio di tutti.
A noi oggi
continuare sulla strada che abbiamo intrapreso, perché Empoli offra un modello
di nuova economia e di nuovo stile di vita fraterna.